All’Università di Mons sulla “Diaspora italiana” ne parlano insieme studenti e Istituto Fernando Santi

Si è svolta il 13 maggio, all’Università di Mons (Belgio), la “Serata conviviale sul tema della diaspora italiana” organizzata dall’Assemblée Générale des Étudiants de l’Ecole des Sciences Humaines et Sociales dell’Università di Mons. Vi hanno partecipato giovani studenti, diversi dei quali di origine italiana, e professori della stessa Università.

Gli oratori principali della serata sono stati Giuseppina Desimone e Carlo Caldarini, membri dell’Osservatorio sulla diaspora italiana dell’Istituto Fernando Santi.

Giuseppina Desimone, economista, lavora al Centro Studi federale del sindacato socialista belga FGTB, dove si occupa soprattutto di materie socioeconomiche (salari, costo della vita, previdenza sociale, ecc.). Carlo Caldarini è sociologo e formatore, ricercatore associato dell’IRFAM (Institut de recherche formation et action sur les migrations). Si occupa principalmente di politiche sociali, sociologia del lavoro e fenomeni migratori.

Con i loro interventi, e nel dibattito che ne è seguito, i due relatori hanno voluto evidenziare alcuni aspetti meno conosciuti e meno celebrati dell’emigrazione italiana, e soprattutto sfatarne alcuni stereotipi.

La prima parte della serata è iniziata con tre brevi video:

Un’intervista ad Anne Morelli, professore emerito di storia delle migrazioni e di storia delle religioni all’Université Libre de Bruxelles (soltanto i primi 3 minuti) https://www.youtube.com/watch?v=59PEdHSs8kw
Un reportage del giornale televisivo RTL, su una ditta italiana che sfrutta lavoratori egiziani in un cantiere edile a Charleroi, una città che, paradossalmente, è considerata un “monumento” dell’immigrazione italiana https://www.rtl.be/page-videos/belgique/faits-divers/des-ouvriers-etrangers-se-sont-barricades-dans-une-grue-de-charleroi/2016-04-14/video/51094
Un’inchiesta realizzata da Euronews sulle migliaia di cittadini europei espulsi ogni anno dal Belgio, tra cui molti italiani https://fr.euronews.com/my-europe/2016/03/11/comment-la-belgique-expulse-des-ressortissants-de-l-union-europeenne?jwsource=cl
Partendo da questi tre video, Giuseppina Desimone ha affrontato e discusso altrettanti stereotipi sull’immigrazione italiana. E precisamente:

L’immigrazione italiana in Belgio non è iniziata negli anni 1940-1950, con il famoso accordo “uomini contro carbone”. Gli italiani erano infatti presenti in Belgio, e nella regione di Mons, prima della Seconda guerra mondiale. Già a partire dalla seconda metà dell’Ottocento, il Belgio ricorse ad un’immigrazione collettiva di lavoratori italiani per svolgere lavori pesanti quali la costruzione di ferrovie. Altri ancora, anarchici, socialisti e repubblicani, fuggivano dall’Italia per motivi politici. Inizialmente limitata a poche centinaia di persone, l’immigrazione per motivi politici fu notevolmente amplificata con l’arrivo al potere di Mussolini poco dopo la prima guerra mondiale. L’assassinio di Giacomo Matteotti diede un impulso consistente a questo fenomeno.
Si parla spesso della “comunità italiana” in Belgio, quando una delle caratteristiche della migrazione italiana è di essere formata da una pluralità di comunità, i cui legami sono non tanto con la “madre patria”, quanto con le culture, le tradizioni e i dialetti delle regioni e persino dei villaggi di origine. Ne è una testimonianza l’associazionismo organizzato attorno alle identità regionali, soprattutto tra gli immigrati di prima e seconda generazione.
L’immigrazione italiana in Belgio viene spesso presentata come la “buona immigrazione”, quella della “brava gente”, dove “tutto è andato bene”, quando in realtà le difficoltà, i pregiudizi, i contrasti e le lotte che hanno caratterizzato per decenni l’immigrazione italiana hanno molti puniti in comune con quelli dell’immigrazione di oggi dal Sud del mondo, in Belgio, in Italia e altrove.
Con il suo background sindacale, Giuseppina Desimone ha anche spiegato agli studenti il significato del “dumping sociale”: un’ampia gamma di pratiche fraudolente transfrontaliere, messe in atto da alcuni datori di lavoro per aggirare il diritto del lavoro e le norme nazionali di sicurezza sociale in vigore sul territorio, consentendo lo sviluppo della concorrenza sleale attraverso la riduzione dei costi salariali e la violazione dei diritti dei lavoratori. Esistono diverse pratiche: l’utilizzo di falsi lavoratori autonomi, il distacco fraudolento, la falsificazione dei documenti di sicurezza sociale, la creazione di società fittizie all’estero, la mancata applicazione o l’elusione della legge, ecc.

Nella seconda parte della serata, Carlo Caldarini ha presentato al pubblico una panoramica storica della migrazione italiana, partendo dal chiarimento del concetto di “diaspora”:

Non esiste una definizione unica e accettata del termine “diaspora”.
Si indicano generalmente con questo termine persone o popolazioni che si disperdono in altre parti del mondo pur mantenendo stretti legami con il loro paese d’origine (OIM)
A differenza del termine “migranti”, il termine diaspore si applica anche alle generazioni successive.
Solleva questioni legate al tempo, al luogo di nascita e alla cittadinanza, nonché all’identità e all’appartenenza, ponendosi all’intersezione tra identità collettiva e prospettiva cosmopolita
Popolazioni transnazionali legate a più di un Paese, che mantengono relazioni con il proprio Paese d’origine, essendo allo stesso tempo “qui e là”.
In uno studio internazionale comparativo sulle politiche sociali e le diaspore, coordinato dall’Università di Liegi, il caso italiano – curato da Caldarini – appare quello in cui le politiche del paese d’origine tendono con maggior forza a mantenere vivi e forti i legami, soprattutto simbolici, con la “patria”.

E in effetti, ad eccezione dell’epoca fascista, le autorità italiane hanno sempre dimostrato un qualche interesse per il fenomeno dell’emigrazione, spesso anche cercando di regolamentarlo e sostenerlo. Per esempio, il governo ha, in alcune fasi storiche, sovvenzionato le spese di viaggio, assicurato il rimpatrio, vietato l’emigrazione verso certi paesi durante le pestilenze, e anche sovvenzionato il costo di alcune associazioni di beneficenza italiane, scuole e ospedali italiani all’estero.

Un esempio particolarmente forte di politiche di gestione dell’emigrazione italiana all’estero è il protocollo stipulato nel 1946 fra Italia e Belgio. Pochi sanno invece, persino tra gli addetti ai lavori, che l’Italia è stato anche il primo paese al mondo a promuovere un accordo bilaterale, con la Francia nel 1904, volto a garantire standard di vita e di lavoro accettabili per i propri lavoratori all’estero.

Altri esempi forti : la creazione nel 1945 della rete di assistenza sociale all’estero gestita dai Patronati, e garantita anche agli oriundi; la legge del 1962 per il riconoscimento e l’indennizzo della silicosi come malattia professionale dei minatori italiani in Belgio; la cittadinanza italiana concessa secondo il principio dello ius sanguinis anche ai discendenti di italiani dopo molte generazioni (e con grandi difficoltà, invece, agli stranieri residenti o persino nati sul suolo italiano); il capillare sistema di rappresentanza degli italiani all’estero (Comites e CGIE); il sistema di voto per gli italiani residenti all’estero a partire dal 2001.

L’emigrazione italiana nel mondo è un fenomeno storico su larga scala che ha coinvolto milioni di persone per almeno un secolo e mezzo. Storicamente, si distinguono almeno cinque grandi fasi.

Ufficialmente, una prima massiccia ondata migratoria inizia nel 1861 con l’unità d’Italia e finisce negli anni ‘20 del secolo scorso, con l’avvento del fascismo.
Durante il ventennio fascista, non sono pochi gli antifascisti italiani che cercano rifugio politico in Belgio, che devono fare fronte ai tentativi delle autorità italiane di inquadrare i propri emigrati all’estero nelle strutture fasciste: organizzazioni giovanili, scuole italiane, associazioni di ex combattenti, o veri e propri fasci organizzati all’estero.
Una seconda grande ondata migratoria inizia dopo la fine della Seconda guerra mondiale e dura fino a tutti gli anni ’60.
Negli anni ‘70, l’Italia, da paese di emigrazione, diventa principalmente paese di immigrazione. Nel 1973, infatti, per la prima volta in Italia il saldo migratorio diviene positivo: 101 ingressi per 100 espatriati .
La crisi del 2007 ha generato una nuova ondata, tuttora in corso, soprattutto tra i giovani.
È più difficile, invece, fornire cifre o stime su quanti siano gli italiani che hanno lasciato il loro paese in modo permanente. Secondo Russel King, circa 25 milioni di italiani risiedevano all’estero negli anni ‘70 . Diversi anni più tardi, Donna Gabaccia ha stimato che dal 1800 oltre 27 milioni di persone hanno lasciato l’Italia, e di questi, più della metà sono successivamente tornati in Italia .

Nel 2000, il Ministero degli Affari Esteri italiano ha stimato tra 60 e 70 milioni le persone “di origine italiana” residenti all’estero in quel momento. Infine, i dati ufficiali più recenti dell’Anagrafe degli Italiani residenti all’estero (AIRE) mostrano che il numero di cittadini residenti all’estero che ufficialmente registrati presso le autorità italiane è raddoppiato negli ultimi 20 anni, passando da 3 a 6 milioni tra il 2003 e il 2023.

Gli italiani sono ancora una delle comunità straniere più importanti in Belgio, la più numerosa in Vallonia. Sono noti soprattutto per il loro massiccio afflusso a partire dal 1946, quando vennero a lavorare nelle miniere belghe, ma come detto non si tratta soltanto di migrazione economica e di carbone.

Anne Morelli (1988). La communauté italienne de Belgique et la Seconde Guerre Mondiale, Revue du Nord – N°2 Special Hors-Serie, pp. 665-690.

Carlo Caldarini (2020). Diaspora Policies, Consular Services and Social Protection for Italian Citizens Abroad. In: Lafleur, JM., Vintila, D. (eds) Migration and Social Protection in Europe and Beyond (Volume 2). IMISCOE Research Series. Springer, Cham. https://doi.org/10.1007/978-3-030-51245-3_16.

Carlo Caldarini (2016), Belgique. Citoyenneté européenne : de la liberté de circulation à la liberté d’expulsion, Chronique Internationale de l’IRES, 53, pp. 3-20 (https://bitly.ws/33Brh)

Carlo Caldarini (2021). Le noeud du dumping social, Bruxelles Laïque Échos, n. 115, pp. 33-40 (https://bit.ly/3K08F0v)

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