Mercoledì 20 dicembre, le istituzioni europee hanno raggiunto un accordo provvisorio su cinque regolamenti volti a definire un “nuovo patto” sulla migrazione e l’asilo in Europa. Una nuova legge sull’immigrazione veniva approvata nello stesso momento in Francia, il cui contenuto è talmente duro che la presidente del Rassemblement National (RN), Marine Le Pen, può parlare senza mezzi termini di “vittoria ideologica”. Una legge indegna, vergognosa, secondo l’associazione France terre d’asile.
Il contesto politico e sociale che circonda questo patto europeo riflette infatti il modo in cui viene affrontata la complessità della questione migratoria in Europa, con tensioni e dibattiti a livello nazionale e continentale, che partendo da presupposti populisti si traducono in decisioni politiche secondo noi allarmanti, il cui obiettivo convergente, pur con diversi espedienti, è esternalizzare la gestione delle migrazioni: l’accordo tra Italia e Albania, la cui ratifica è stata per ora sospesa dalla Corte costituzionale albanese; il Regno Unito che cerca anche lui a tutti i costi di salvare l’accordo con il Ruanda, dopo che la Corte Suprema britannica ne ha stabilito l’incostituzionalità; lo stesso stanno cercando di fare Austria e Germania, malgrado le resistenze dei Verdi, che fanno parte della coalizione di governo; diversa, ma appunto convergente, è la strategia della Svezia che subordina gli aiuti allo sviluppo alla cooperazione per l’espulsione dei migranti.
Gli Stati membri dell’Europa meridionale guidati da governi di destra, come la Grecia e l’Italia, hanno subito accolto con favore il nuovo patto europeo. A Roma, il Primo Ministro Giorgia Meloni ha dichiarato che “l’Italia non si sente più sola”, mentre ad Atene il governo greco ha descritto l’accordo come “un’importante risposta europea agli sforzi della Grecia di attuare una politica rigorosa ma equa sul tema dell’immigrazione”.
Anche la reazione delle ONG e della società civile è stata immediata, in direzione ovviamente opposta: più di 50 organizzazioni hanno scritto una lettera aperta ai leader politici, evidenziando i rischi per i diritti umani insiti nel patto.
Ma di cosa si tratta, esattamente ? Il nuovo patto sulla migrazione e l’asilo è stato presentato dalla Commissione europea nel 2020. Consiste in una serie di dossier legislativi tesi a stabilire “un nuovo sistema standardizzato” per la gestione della migrazione negli Stati membri.
Il Parlamento europeo e il Consiglio dell’UE, composto – va sottolineato – dai ministri nazionali – si sono riuniti per diversi mesi in dialoghi a tre con la Commissione (l’esecutivo europeo) per cercare di stabilire un approccio comune, con divisioni che sono proseguite fino alla fine delle discussioni.
I dossier legislativi da trattare erano in tutto dieci, ma l’accordo raggiunto in questi giorni riguarda solo cinque regolamenti. Questi toccano tutte le fasi della gestione dell’asilo e della migrazione:
1. Potenziamento di EURODAC (acronimo di European Asylum Dactyloscopie Database). Dal 2000 è il database europeo, con sede a Strasburgo, delle impronte digitali per coloro che richiedono asilo politico e per coloro che sono entrati o soggiornano senza autorizzazione nel territorio dell’ Unione europea.
2. Screening applicabili a tutti i cittadini di paesi terzi che attraversano la frontiera esterna senza autorizzazione. Prevede l’identificazione, controlli sanitari e di sicurezza, il rilevamento delle impronte digitali e la loro registrazione nella banca dati EURODAC.
3. Nuovo regolamento sulle procedure di asilo. Le norme sulle procedure di asilo e di rimpatrio alle frontiere sarebbero riunite in un unico strumento legislativo. Le domande di asilo “con scarse probabilità di essere accettate” dovrebbero essere esaminate rapidamente senza richiedere l’ingresso legale nel territorio dello Stato membro. Dovrebbe inoltre essere possibile ricollocare i richiedenti durante la procedura di frontiera, consentendo il proseguimento della procedura in un altro Stato membro.
4. Sostituzione dell’attuale regolamento Dublino con un nuovo “regolamento sulla gestione dell’asilo e della migrazione”. Le norme per determinare lo Stato membro competente per una domanda di asilo dovrebbero rientrare in un quadro comune e offrire strumenti “più intelligenti e più flessibili” per aiutare gli Stati membri che affrontano le sfide più pesanti.
5. Misure temporanee e straordinarie per le situazioni di crisi. Tale strumento fornirà agli Stati membri maggiori flessibilità, consentendo di derogare alle normali procedure e scadenze, per reagire alle situazioni di crisi, compresi i casi di cosiddetta strumentalizzazione dei migranti (quando i migranti vengono utilizzati da Paesi terzi o attori non statali ostili per destabilizzare l’UE, è possibile una deroga temporanea alle procedure standard di asilo).
È importante sottolineare che l’accordo è attualmente provvisorio, e i dettagli specifici saranno elaborati nei prossimi mesi attraverso ulteriori lavori tecnici. L’accordo sarà poi sottoposto per conferma ai rappresentanti degli Stati membri. L’obiettivo è la sua adozione definitiva prima delle elezioni europee nel giugno 2024, un periodo in cui la questione dell’immigrazione è centrale nel dibattito politico in molti paesi europei, in un contesto di ascesa dei partiti di estrema destra e populisti.
La riforma, come abbiamo detto, suscita critiche da parte delle organizzazioni per i diritti umani, le quali temevano già da tempo che ciò avrebbe portato a “un sistema mal progettato, costoso e crudele”, teso soltanto a “limitare l’accesso all’asilo e i diritti di coloro che cercano protezione”.
Lunedì 18 dicembre, mentre le discussioni erano ancora in pieno svolgimento, più di 50 organizzazioni hanno scritto una lettera aperta ai negoziatori della Commissione europea, della presidenza spagnola del Consiglio dell’Unione europea e del Parlamento europeo, evidenziando i rischi per i diritti insiti nel patto sulla migrazione e l’asilo.
Questo patto, scrivono le ONG, rispecchia gli approcci fallimentari del passato e ne aggraverà le conseguenze. C’è un forte rischio che il Patto si traduca in un sistema malfunzionante, costoso e crudele, destinato a cadere a pezzi nell’attuazione e a lasciare irrisolte le questioni critiche.
Nella sua forma attuale, esso normalizza l’uso arbitrario della detenzione degli immigrati, anche per i bambini e le famiglie, legittima e aumenta la profilazione razziale, istituisce procedure “di crisi” per consentire respingimenti, anche in paesi dove sono è reale il rischio di violenza, tortura e detenzione arbitraria.
Tradisce inoltre lo spirito del lavoro dell’UE esistente, come il piano d’azione dell’UE sull’integrazione e il piano d’azione dell’UE contro il razzismo, che riconosce gli impatti intersezionali del razzismo e la vulnerabilità specifica dei migranti e dei rifugiati. Il Patto, così com’è, rischia insomma di perpetuare pratiche discriminatorie all’interno delle stesse strutture che dovrebbero sostenere la giustizia e la protezione per tutti.
Piuttosto che incanalare i finanziamenti verso un maggior numero di campi, muri e sorveglianza, le risorse dovrebbero essere destinate a fornire soluzioni efficaci, basate sulla protezione e sull’assistenza, del tipo offerto alle persone in fuga dall’Ucraina. La solidarietà e l’impegno dell’Europa per i diritti umani non possono essere definiti dal luogo di origine, dalla razza, dall’etnia o dallo status di immigrazione.
Per saperne di più:
Comunicazione della Commissione, Un nuovo patto sulla migrazione e l’asilo, COM(2020) 609 final:
eur-lex.europa.eu/legal-content/IT/TXT/HTML/?uri=CELEX:52020DC0609#footnoteref5
Lettera aperta delle ONG e delle organizzazioni della società civile :
https://picum.org/blog/open-letter-eu-human-rights-risks-migration-pact/
Carlo Caldarini
Istituto Fernando Santi