Da Civitanova Marche un aiuto concreto all’Africa

Di Natalia Conestà


Sarà l’Africa ad avere un ruolo fondamentale nell’urbanistica del futuro, per via dell’esplosione demografica imparagonabile a quella degli altri continenti: entro il 2050 il 57% della crescita demografica globale interesserà l’Africa subshariana, che arriverà a contenere il 23% della popolazione mondiale, 2,3 miliardi di persone. Non solo in termini numerici, ma anche in termini di età, l’Africa avrà il primato di popolazione più giovane con il 30% di giovani sotto i 30 anni, comparati al 12% in Europa su 500 milioni di abitanti.

“E’ il Paese che ci porta a migrare, perché tutto è bloccato qui”, ci dice C. A. Gueye, 32 anni, dal Senegal. “Tutti, tutti, tutti se ne vanno. Qui non trovi niente da fare. Ho 3 cugini che sono migrati negli Stati Uniti passando per il Nicaragua”. Sono partiti venerdì scorso. Oggi sono già entrati negli Stati Uniti. Con 5 mila euro tu puoi entrare negli Stati Uniti. Anche io voglio migrare, perché quello che vedo qui…sarà troppo duro con le elezioni che stanno per arrivare. Per questo voglio fare la traversata dell’Oceano per fare qualcosa, per raccogliere qualche soldo per far crescere i miei progetti in Senegal”

Ha desistito molte volte C. A. Gueye, dal fare la traversata del deserto per raggiungere le coste del Nord Africa. Le morti sui barconi ma anche  i piccoli aiuti per costruire la sua fattoria a Diourbel, arrivati dall’Italia, l’hanno fatto concentrare su altro. Vorrebbe fare una piantagione di alberi da frutta, e metter su un allevamento di bovini, ovini e pollame. Ma dopo aver ricevuto la terra dal capo del villaggio e aver costruito la recinzione con i soldi che degli amici dall’Italia gli avevano inviato, ora c’è da fare il pozzo, e costa circa 10.000 euro. Orfano dall’età di 8 anni, non ha avuto nessun familiare che si è occupato di lui, e vuole realizzare i suoi sogni.

“Vorrei vedere cose nuove, vorrei venire a vedere come vivete, apprendere un mestiere, perché qui è troppo dura. Voi non lo sapete ma qui è troppo dura. Tutto è caro. Non puoi guadagnare nulla in questo Paese che poi non debba spendere. Tutti se ne vanno, tout le monde. E vorrei dirti una cosa. Ho uno zio che vende questi biglietti. Della mia famiglia sono partiti tutti…fratelli cugini, zii, …tutti i giovani sono partiti. Qui avevano un negozietto, ma negli Stati Uniti sarà diverso. Vorrei trovare qualcosa per gagner ma vie, mamy, vorrei semplicemente gagner ma vie e non più domandare ai parenti di mandarmi i soldi per realizzarmi. Se avevo 5 o 6 mila euro, adesso, or ora, avrei preso l’aereo. Mio fratello vuole sposarsi e io non posso nemmeno aiutarlo a metter su famiglia. Non ho una casa.E’ troppo dura per me, troppo dura; qui non puoi sognare, tutto è pesante. Non ho una moglie, non ho una famiglia, non ho una casa, non ho bambini. Tutti si sposano per avere una famiglia, ma io niente. E’ troppo dura, anche se avessi qualcosa da mangiare, vorrei traversare il mare, perché so quello che c’è là. Ė troppo duro anche parlarne. Lo Stato dovrà fare qualcosa perché tutto è caro, tutti gridano. Le prossime elezioni non saranno regolari, succederà qualcosa di tragico. Ci sono state delle manifestazioni, orribili. Voglio lasciare il mio Paese per andare altrove, mamy, cercare un lavoro e integrarmi. Se mi puoi aiutare, non esitare. E’ la prima volta che ti parlo così, mamy, e sarà l’ultima volta che ti parlo così. Grazie”

Che fine ha fatto il fondo che Federica Mogherini, emanazione del Governo Renzi in Europa, aveva tanto voluto per la Formazione Professionale in Africa?  Il Piano d’azione congiunto di La Valletta, adottato dai leader europei e africani al vertice sulla migrazione del 2015, aveva inquadrato la decisione di rispondere insieme alla migrazione in cinque ambiti prioritari, tra cui la formazione professionale, con particolare riferimento ai giovani.[1] Da allora il lavoro comune aveva mobilitato più di 11,7 miliardi di euro per più di 1.200 progetti e politiche, nei tre anni successivi.

Federica Mogherini, aveva affermato che “la migrazione può essere gestita insieme attraverso il partenariato, la cooperazione e il rispetto” e che “dobbiamo garantire che le nostre azioni abbiano anche un impatto immediato”.

“La crescita economica è necessaria per creare occupazione e ridurre significativamente la povertà diffusa e le disuguaglianze di reddito che continuano a prevalere in tutto il Sahel”, dice il documento della Commissione Europea del 22 Aprile 2015. “Sono necessari maggiori sforzi per creare opportunità di lavoro in tutti i settori, in particolare per i giovani. L’UE fornirà assistenza ai giovani, compresa l’istruzione e la formazione, nonché la creazione di posti di lavoro, e garantirà pari opportunità per ragazzi e ragazze. Un esempio di tale assistenza è l’empowerment dei giovani attraverso l’identificazione di indicatori per monitorare e promuovere l’istruzione e l’occupazione giovanile in modo da offrire alternative alle attività illegali o azioni estremiste. Verranno inoltre fornite ulteriori analisi su come sostenere i giovani come agenti di cambiamento positivo. L’UE rafforzerà la resilienza dei giovani, ad es. promuovendo ulteriormente le opportunità economiche e occupazionali (attraverso il sostegno alle PMI e alle principali catene di valore, all’assunzione di manodopera locale, ecc.) e la riduzione delle disuguaglianze nei programmi dell’UE e degli Stati membri, ove possibile. Si potrebbe inoltre avviare una riflessione speciale sulla sfida demografica per capire come affrontarla al meglio. La demografia dovrebbe diventare progressivamente e più sistematicamente parte del dialogo politico con i paesi beneficiari. Più in generale, gli strumenti dell’UE e degli Stati membri saranno mobilitati per migliorare la coesione sociale e la crescita economica inclusiva, compresa l’integrazione regionale, in particolare attraverso l’attuazione del programma di sviluppo dell’accordo di partenariato economico (EPADP).”

Il 14 e 15 Novembre 2018 alti funzionari provenienti da tutta Europa e Africa si erano incontrati ad Addis Abeba, in Etiopia, per verificare i progressi compiuti.[2] Il Processo di Rabat e il Processo di Khartoum, a cui era stato assegnato il compito di monitorare e riferire sull’attuazione e sui progressi del Piano d’azione, avevano prodotto risultati. Nel campo della lotta alle cause profonde della migrazione irregolare, oltre 5,3 milioni di persone vulnerabili avevano, a tale data, beneficiato di servizi di base, sicurezza alimentare e programmi nutrizionali.

Le opportunità, soprattutto per le giovani generazioni, furono considerate vitali: dal 2015 al 2018, 48.000 giovani avevano ricevuto formazione professionale o sviluppato le proprie competenze. Federica Mogherini affermò che “i giovani sono la più grande risorsa di cui dispone l’Africa”. Nel secondo ambito, il Piano d’azione congiunto di La Valletta affrontava i canali regolari di migrazione e mobilità da e tra i paesi europei e africani. Un esempio, sempre nello stesso lasso di tempo, è stato il programma Erasmus+ dell’Unione Europea con oltre 20.000 scambi tra studenti e personale europei e africani nel corso di 1.000 progetti Erasmus+, di cui hanno beneficiato oltre 15.000 studenti e ricercatori africani.

“La nuova “Alleanza Africa-Europa per gli investimenti e l’occupazione sostenibili” aumenterà il sostegno alle borse di studio e ai programmi di scambio con l’obiettivo di oltre 100.000 studenti che beneficeranno di Erasmus+ nei prossimi dieci anni”, dissero nel 2018.

E invece abbiamo solo avuto da allora, l’indurimento dell’ottenimento dei visti di ingresso, anche per studio, voluto dal Governo Conte-Salvini!

E il famoso EU TRUST Fund che fine ha fatto? “Il fondo aveva una durata limitata, però, a quanto pare, non ha avuto un grande successo, nel senso che ha finanziato di tutto e di più, ma non ha creato impiego, anche perché, purtroppo, la creazione di occupazione è una cosa molto complessa, che richiede investimenti da parte del settore privato”, ci dice un funzionario dell’Unione Europea. “I corsi di formazione devono essere progettati in base alle esigenze delle imprese e dei settori produttivi. L’unico consiglio che mi sento di dare è quello di dare spazio ai futuri datori di lavoro e chiedere a loro di cosa c’è bisogno sul mercato locale (elettricisti, carpentieri, idraulici, Informatici?)”. Ma il settore privato è quasi inesistente o comunque limitato in Africa. Che grande opportunità anche per i nostri giovani di investire! E c’è chi si inventa, portando lì la rubinetteria italiana o, il più tradizionale, vino italiano. Perché non motivarli con dei fondi ad hoc affinché possano sviluppare delle Start Up in Africa? E quanti immigrati vorrebbero tornare e realizzare una impresa nel loro Paese? Si sa, l’accesso al credito è un grande problema, per i nostri giovani e per i giovani in Africa.

E allora c’è chi ci pensa ma fa fatica a portare avanti il progetto. Ė questa la storia di Makamba, Diocesi di Bururi, nel Burundi meridionale. Dove ai tempi c’era un campo profughi, ora sorge una Scuola Professionale, che si è aperta il 18 settembre scorso. Il progetto ha avuto una lunga gestazione. Tutto è nato dal viaggio in Burundi del parroco dell’Unità pastorale di San Pietro- Cristo Re di Civitanova Marche con alcuni amici, nel 2012. “In quella circostanza chiedemmo al vescovo di Bururi,  Mons. Bacinoni, in che cosa avremmo potuto aiutarli, ed egli ci indicò subito la necessità di una scuola tecnico-professionale di eccellenza,  di cui il territorio aveva bisogno. Tornati in Italia,  dopo qualche tempo, ci costituimmo in associazione onlus, e un nostro socio, architetto,  andò con un altro tecnico a Makamba, per vedere il terreno su cui la scuola avrebbe dovuto edificarsi,  di proprietà della Diocesi. In seguito a questo viaggio, egli stilò gratuitamente il progetto che poi è stato realizzato,  almeno in gran parte. Nel frattempo cominciammo a reperire fondi attraverso il contributo di parrocchie, di singoli, e di istituzioni, non ultima la Regione Marche, attraverso il concorso di due bandi relativi allo sviluppo del Sud del Mondo.”

Ricordiamo che la Diocesi di Fermo ha una collaborazione con la Chiesa del Burundi e la provincia di Macerata ha ricevuto numerosi sacerdoti Burundesi che collaborano nelle Parrocchie.  Questi sacerdoti hanno fatto da ponte. “Con alterne vicende, talora aspre, animati dalla ferma convinzione di andare avanti con il progetto, finalmente il mese scorso la scuola, dopo aver ricevuto le approvazioni del Ministero dell’Educazione  del Burundi,  è stata aperta con 54 iscritti nelle tre sezioni di informatica e telecomunicazioni,  elettricità industriale e agricoltura. È una bella soddisfazione e ora il progetto prosegue con la realizzazione di un dormitorio e di altre aule.” E già, perché senza un dormitorio come ci arrivano i ragazzi che provengono da diverse zone della Diocesi di Bururi in assenza di mezzi pubblici? Le distanze in una Diocesi africane non sono certo le nostre, per non parlare delle strade.

Ci chiediamo allora, perché i fondi UE non li diamo a queste “piccole comunità creative” per realizzare simili progetti e alle Diocesi in Africa, che garantiscono una presenza e conoscono i bisogni del loro territorio? Quale migliore modo per farci riconoscere con una modalità diversa di cooperare, di costruire l’Amicizia tra i Popoli e la Pace? Non è forse questa la nostra identità?


[1] https://ec.europa.eu/commission/presscorner/detail/en/MEMO_15_4832

[2] https://trust-fund-for-africa.europa.eu/news/valletta-priorities-eu-and-africa-partnership-helps-migrants-and-refugees-2018-11-14_en

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